Ricordo di avere redatto una ventina di anni fa un progetto per le scuole in cui proponevo una sorta di “incontro tra musica e storia”. In due parole si trattava di un ciclo di lezioni in cui attraverso le canzoni si suggeriva una chiave interpretativa dei fatti storici di una determinata epoca. In vena di autocitazionismo, aggiungo che una mia canzone si intitola “Ci ha già pensato lui”. Eh si perché di fatto, a fare- meglio di quanto avrei fatto io -una cosa del genere ci pensa il caro collega Alessio Lega. Chiariamo subito che definire Alessio “cantautore” è estremamente riduttivo. Alessio è un uomo di cultura nel senso più ampio e nobile del termine, scrittore, saggista, ricercatore, storico , una persona curiosa come pochi nel senso di voler approfondire gli aspetti più misteriosi e reconditi degli anfratti culturali non solo del nostro paese ma anche , tanto per fare un esempio, del versante cantautorale estero(a tal proposito è da citare il suo lavoro sul russo BUlat Okudjava , meritatamente insignito del premio Tenco).
“La resistenza in 100 canti” , come suggerisce il titolo, propone un percorso storico su una pagina fondamentale del nostro paese, certamente approfondito ma per certi aspetti in maniera anche spiazzante. Confesso che , pur essendo sempre stato interessato alla canzone politica e militante in senso stretto, molti di questi canti non li conoscevo. Del resto , sarebbe stato facile limitarsi a fare una versione aggiornata del lavoro culturale (per dirla con Luciano Bianciardi) intrapreso a suo tempo da personalità illustri come Ernesto De Martino o Roberto Leydi. E’ giusto anche “andare avanti” nel senso di scoprire elementi nuovi ma anche darne una chiave personale e rielaborata nelle chiose ad ogni testo. Alessio divide il lavoro in una prefazione e cinque capitoli (Inni di un popolo in rivolta- Feste d’aprile e dopo -Canti antifascisti – Resistenza europea – Nuovo cantastorie partigiano), riassumibili storicamente in un “prima” e un “dopo” la guerra. Perché sono storicamente importanti le canzoni? Perché fino a un certo punto ,scrive Alessio “le canzoni non potevano mai dire la verità” ,a meno che non fossero ligie al regime. “E poi venne bella Ciao”, canzone purtroppo , negli anni recenti,spesso considerata “divisiva”(aggettivo orribile anche in quanto termine ormai abusato ed esasperante, né più né meno che “resilienza”). Ma soprattutto arrivarono i canti come mezzo di sopravvivenza morale mentre si combatteva con fede e speranza in circostanze spesso drammatiche. Per Alessio la resistenza è “La voce con cui la musica della vita si oppone al silenzio della morte”. E con 100 canti a disposizione c’è di che “opporsi” al mortal silenzio, ma ancora Alessio ci mette in guardia: noi possiamo ancora ricordarle, ascoltarle e anche cantarle, ma “ce le meritiamo in quanto vegliamo sull’eredità di tali ideali e siamo disponibili a difenderli”. Un invito alla coerenza artistica di cui sarebbe proprio da indagare la diffusione: quanti possono realmente cantare questi brani oggi? Il livello dell’imborghesimento di ciascuno di noi, sembra dire Alessio, consente di imbracciare la chitarra (o la fisarmonica, o anche usare la sola voce a cappella, fa lo stesso) e intonarle?
La ricchezza delle informazioni inserite praticamente in ogni commento a ogni singolo brano è testimonianza dell’importanza dell’elemento artistico come parte essenziale della storia orale. Lega inoltre lo propone in maniera molto personale spesso condita con una leggerezza che tende a sdrammatizzare il “peso” del singolo passaggio storico, ma anche con note di vissuto personale che sottolineano come la fruibilità del “gesto” poetico e canoro diventi parte integrante della rielaborazione che della storia il singolo fruitore, come individuo della storia stessa facente parte e non certo come presunto “eroe”, fa perché la Storia sia poi elemento vivo e non puro insieme di nozioni da mandare a memoria, come spesso abbiamo vissuto a scuola.
La prostituta Romana Gavina C. nel suo libro autobiografico “SENZA PATENTE” del 1976 scrive “Io ragiono che se uno può fare qualcosa per qualcun altro e non lo fa è un gran figlio di mignotta”. Ecco, analogamente, dopo aver letto quest’opera io dico: Chiunque (e riscrivo : chiunque) ,a prescindere dalle sue idee politiche, può qui trovare una chiave di lettura della Resistenza attraverso le voci di chi la ha vissuta, rielaborata e le parole di un ricercatore attendibile e preparato come l’autore. Poi potrà comunque rimanere “da un’altra parte della storia”, se crede, ma non potrà negarne la necessità storica. Se lo fa, o è stupido o è in malafede. (L.M.)