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“L’ERA DI CUPIDIX” di Paolo Pasi (ed.Spartaco, 2015)

Alzi la mano chi , nella sua vita, non ha provato almeno una volta il desiderio di una soluzione miracolosa per risolvere tutti i suoi problemi di carattere per lo meno sentimentale o umorale! Se poi siete fra quelli che ancora sono alla ricerca di tale “pozione”…bè questo libro fa per voi! “L’ERA DI CUPIDIX” di Paolo Pasi ci propone un’incursione immaginaria in un mondo dove realtà e immaginazione (anzi “virtualità”), si fondono  e si trovano delle soluzioni apparenti per trovare la felicità (come la si intende nei “piani alti” dell’imprenditoria commerciale) e la fine di qualsivoglia dolore e fastidio. “CUPIDIX” è il nome della pillola che , come si dice nel testo, potrà risolvere gli abituali inconvenienti delle varie fasi dell’innamoramento , ovvero i timori per eventuali fasi di “stanchezza” nel rapporto o ,al contrario , il sentirsi troppo dipendenti dal partner o i timori per la caducità della passione. Insomma , la via chimica verso un sentimento “perfetto” e senza sbavature o sbandate varie.

L’intreccio è costituito essenzialmente dalle vicende di Carlo, Ada e Giovanni. Carlo è un infermiere trentatreenne, sassofonista jazz per passione; Ada è una ragazza ambiziosa decisa a intraprendere la carriera di attrice ma il cui primo dramma è quello di dimenticare una infelice storia d’amore; Giovanni è il pubblicitario creativo che ambisce a “scalzare” colleghi e superiori di azienda con ogni mezzo necessario e il cui ingegno gli porterà a progettare la pillola “Cupidix”, pensata per far provare e soprattutto far perdurare nel tempo le sensazioni dell’innamoramento ;  successivamente proporrà la “contro – pillola” “Disamor”, progettata per chi  da Cupidix non trae beneficio , ma ha bisogno di “debellare la malinconia passiva” derivante da una forte pena d’amore; A differenza dei primi due personaggi, che della vicenda risultano più “vittime”, in quanto consumatori dell’un o dell’altro prodotto, Giovanni è il “produttore non consumante” dei rivoluzionari rimedi: dichiara di non aver bisogno di Cupidix  perché  “già innamorato” della sua Cristina , ragazza per lui perfetta . In realtà ,come si rivela nella narrazione, per lui l’innamoramento comunemente inteso è da evitare come la peste perché è visto come  una deviazione, una patologia incontrollabile. Ed egli, uomo tutto d’un pezzo, uno dei padroni dell’umanità “che consuma” , ciò non se lo può permettere. Giovanni di fatto è l’emblema dell’uomo del presente e del futuro che agisce dichiaratamente PER la sua gente, e proclama che grazie a quelli come lui il mondo sarà migliore. Ma la verità , anche banale se vogliamo , è che a lui interessa DOMINARE SULLA GENTE che è il suo mercato.

Carlo è di fatto l’esplicitazione di Giovanni, cioè quello che Giovanni non ha il coraggio di ammettere a se stesso di essere, una sorta di sua “proiezione “ nella realtà; Carlo svolge un’attività più “normale” e non nasconde le sue debolezze, le vive ,anche se male. Egli ama il Jazz e le Donne. La musica e la femminilità sono in effetti due temi del romanzo che ritornano a più riprese . Ogni capitolo del romanzo è intitolato con un brano di musica jazz che di quel capitolo è visto come esplicito “mood” e colonna sonora ideale; ciò si attua al massimo nelle scene in cui vediamo Carlo alle prese col suo Sax o quando discute con una donna sull’opportunità o meno di tornare a esibirsi dal vivo dopo tanto tempo. E’ nella musica e nella dimensione artistica che  ritrova le parti migliori di se stesso unitamente a un “ritmo” che è sì quello della musica della teatralità ,del tempo narrativo, ma è anche un ritmo, per così dire , “umano”, relazionale. A differenza di Giovanni che concepisce il prossimo come cliente puro, Carlo trova nell’interlocutore un confronto umanitario , che sia una donna o uno spettatore , e dunque ha una necessità di “narrarsi “ ogni volta “senza ripetersi”: è la parte più pura di un uomo pieno di cose da comunicare anche gratuitamente.  Il paradosso della pillola “Cupidix” (prodotta dall’industria cui fa riferimento Giovanni e consumata da Carlo) è che , a conti fatti, fornisce dei benefici solo apparenti ed effimeri: su Carlo la pillola lavora male perché a prima vista la pillola gli dà quell’energia artistica che lo fa suonare divinamente ma poi lo lascia in balia di strane e amare sensazioni(né più ne meno che le DROGHE). Su Giovanni ha effetti ancor più subdoli perché gli conferisce un successo commerciale ma poi egli non ne fa uso perché ritiene che non faccia per lui e, soprattutto, ha effetti troppo benefici sugli stessi suoi dipendenti industriali che in quella condizione non sono stimolati a lavorare e a produrre di più (come le richieste del mercato esigerebbero)  perché ritengono che la vita vada vissuta di più e meglio che non dedicandola alla sola produzione ( in una parola: si liberano dall’alienazione). E questo per un “padrone “ come Giovanni, è inaccettabile. Siamo al paradosso della “tragedia del prodotto”. Qui sembra di sentire l’eco di Fredéric Beigbeder: “La gente felice non consuma….”e del poeta portoricano  Pedro Pietri :“ Sto troppo bene per venire a lavorare…”: gli addetti non mettono più il denaro in cima alla gerarchia di valori che ora è cambiata…è un’essenza rivoluzionaria che andrà castrata con l’immissione sul mercato della pillola antidoto “DISAMOR”.

Giovanni Gandini ha PAURA dei sentimenti VERI che lui stesso con la pillola ha contribuito a rinsavire e che ora gli si possono torcere contro come un boomerang; può solo ragionare con la miopia degli affari e del fatturato che ,se trova soluzioni per lui adeguate, gli regala anche “erezioni matrimoniali”: di fatto parliamo di qualcosa che si rivela DROGA come effetto e DROGA come idea d’affari: in ogni caso non basta mai. Ora sarà il turno della terza pillola immessa sul mercato: “FIDELIX”. che si rivelerà la soluzione finale perché è definitiva per LUI in quanto elimina le tentazioni “devianti”(effetto che si riprodurrà anche per i suoi consumatori). E’ una pillola POLITICA (= versione “medica” del “tutto cambia perché nulla cambi”) e politicamente corretta, democratica e tollerante. Del resto la possibilità di dominare una volta per tutte i sentimenti “disturbanti” la si vede anche  nella nuova storia d’amore di Ada, che si conclude subito dopo un’avventura con un tale Marco ad Amsterdam… si vede la rapidità e la superficialità consumistica che chiede di “passare oltre” senza metabolizzare…come dire che per il futuro non serve il passato, quasi una risposta alle angosce di Giovanni per il futuro.

La forza dello scritto è di affrontare temi abbastanza  consueti ma con  tempi e  modalità tipiche della musica  Jazz ovvero “improvvisative” e di cambio repentino per non dar tregua alla attenzione del lettore e con ,a monte, la musica che detta le leggi, quando sia esplicitamente presente ma anche quando sia solo “sottintesa”. Si dosano quindi il ritmo e la musica che vanno in parallelo con la direzione “posologica” della medicina Cupidix  e del “consumo” necessario alla vendita che ne dà l’essenza. La scrittura è composta spesso da  periodi e frasi molto brevi e a “flash”: emergono la rapidità e una sorta di sinuosità repentina come nel jazz. Si potrebbe dire che il jazz traduce nell’ineffabile quello che non si può razionalizzare (già lo rivelarono gli scrittori ”beat” come ad esempio Jack Kerouack). Louis Armstrong “soffiava” nell’eventuale nota sbagliata affinché diventasse quella giusta: con il jazz di sottofondo, Paolo Pasi si mette nella condizione di non poter sbagliare perché le regole della scrittura vengono create automaticamente da sé senza possibilità di cali di ritmo strutturali; anche  perché, se anche questi ci fossero, potrebbero essere solo quelli evocati  all’interno della trama e non quelli della scrittura dell’autore.

Nello stile narrativo sono presenti anche alcune trovate divertenti quando non addirittura quasi comiche (“Era ancora bello innamorarsi: peccato ci fosse di mezzo sempre una donna” ; “(Uno slogan come) “Innamorati della vita”: a seconda dell’accento può essere letto in diverse versioni” ;“I pubblicitari della carta igienica non è che facciano uso di lassativi” (per dire che chi produce la pillola non è tenuto a farne uso e consumo). Sono sapientemente usati anche verbi molto azzeccati dal punto di vista descrittivo , (ad esempio “Inoculare tristezza” )  e  sinestesie letteralmente molto colorite (“Mare caricato di un blu vivace; ”il sole avrebbe creato la sensualità di un bacio arancione”; la “insensibilità in bianco e nero”) .

A cornice di questa vicenda non poteva mancare l’emblema per antonomasia dell’era “ipnotico – tecnologica” ,ovvero il Televisore: La narrazione si apre e si chiude con l’evocazione simbolica di questo malefico attrezzo che torna non a caso più volte nel corso della storia . Però il curioso invito a “lasciarlo spento”- che a mò di apertura e chiusura del cerchio viene rivolto dall’autore all’inizio e alla fine del racconto -si rivelerà una fallace speranza. Per quanto cerchiamo di liberarcene , in un modo o nell’altro serve come cristallizzazione  di una situazione che si rivelerà evocatrice di un mondo “più reale del reale” con alcuni risvolti ancora una volta grotteschi: “In tv si parlava dell’effetto delle pillole…peccato che la gente la tenesse sempre meno accesa!” Nel grande megastore dove Ada attende di incontrarsi con un’amica, i televisori compongono una sorta di “puzzle” della grande realtà virtuale mentre in sottofondo la realtà va “a tempo di swing”: e forse qui è l’unico momento in cui la realtà virtuale (qui rappresentata dagli apparecchi televisivi ) e la Musica, (la vincitrice morale che tutto potrebbe salvare) si “scontrano” fra le righe.

Alla fine potrebbe vincere  la MUSICA che traduce, come si diceva, in maniera ineffabile i sentimenti la cui autenticità è ormai messa in dubbio strutturalmente perché si è confusa con la meccanicità degli effetti della pillola, andando addirittura oltre la profezia cantata da  Lucio Dalla nel 1990: “Noi volevamo avere tutto quanto calcolato fino a quando abbiam perduto anche il tempo per un bacio”: ora questo “tempo” è stato trovato, ma  solo all’interno di una meccanicità in cui è ormai sottinteso che ciò che conta è essere i primi in tutto e essere “arrivati”. L’amore autentico è ormai “soggiogato” alla chimica e alla tecnica. E infatti il televisore che viene continuamente evocato sin dall’inizio…da spento che era prima , adesso, all’ultima riga del racconto si RIACCENDE ;come se l’autore ci dicesse: “Abbiamo scherzato, torniamo a quella realtà lì che è l’unica che ci possiamo permettere”.

(L.M.)

 

Un pensiero su ““L’ERA DI CUPIDIX” di Paolo Pasi (ed.Spartaco, 2015)

  1. Andrea

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